Oltre ad essere stato un grande interprete, Roberto Murolo si è dimostrato anche un prezioso studioso della canzone napoletana. Tanto che, come ho già avuto modo di osservare in un precedente articolo, uno dei suoi più grandi meriti è stato quello di realizzare L’Antologia cronologica della canzone partenopea. Dodici album dove l’artista canta voce e chitarra più di 150 canzoni napoletane: una selezione delle più importanti composizioni dal 1200 ai primi anni sessanta. Un’opera che può considerarsi una sorta di bibbia della canzone napoletana.
Se di bibbia si tratta però è solo con riferimento al repertorio classico-melodico, quello cioè considerato – per così dire – “serio”. Di canzoni canzoni umoristiche, invece, nessuna traccia. Ecco che per colmare questa lacuna, per chiudere in un certo senso il cerchio, Murolo mise subito mano a un nuovo ambizioso progetto: una antologia della canzone napoletana umoristica. Si narra che questa sua decisione scaturì anche in seguito alla pubblicazione di un “velenoso” articolo di giornale su una sua esibizione milanese (a raccontare questo episodio è stato Renzo Arbore). Con una chiara allusione al carattere di quelle canzoni, ritenute eccessivamente lagnose e malinconiche, il titolo recitava: “A Milano è arrivato il Murolo del pianto”.
Anche per la canzone umoristica, Murolo dovette fare una severa selezione di titoli all’interno di un repertorio vastissimo. Già verso la fine dell’ottocento a Napoli era nato il genere della macchietta. Composizioni con una forte componente comica, a metà strada fra canzoni umoristiche e monologhi teatrali e perlopiù destinate ad essere eseguite nei caffè chantan – dove la gente andava con lo scopo di divertirsi. Pioniere della macchietta fu il famoso cantante-attore Nicola Maldacea.
Negli anni seguenti, parallelamente a quello classico-melodico, si sviluppò poi un vasto repertorio di canzoni napoletane umoristiche – e non di rado fu lo stesso Murolo a cimentarsi come autore di questo genere.
Sono canzoni nelle quali regna il doppio senso e il gioco di parola, l’allusione e l’ambiguità, ma che non scadono mai nella volgarità. La satira è quella di costume: è attraverso i difetti dei protagonisti – fortemente tipizzati – che vengono messi in luce quelli della società. Insomma, canzoni degnissime di essere considerate come le sorelle minori di quelle più solenni e famose appartenenti al repertorio classico.
Nel 1967 Murolo completa il suo primo lavoro che pubblica dalla Durium: Come rideva Napoli, una raccolta di ventidue canzoni napoletane umoristiche famose. Già il titolo lascia intuire che si tratta di uno sguardo verso il passato. Murolo parte infatti da lontano inserendo anche le prime macchiette composte sul finire dell’ottocento.
Quattro anni più tardi ne pubblica un altro, sempre con la Durium: L’umorismo della canzone napoletana. Ventisette canzoni contenute in due 33 giri. Si tratta del naturale proseguimento del primo lavoro. Il repertorio va dal 1930 al 1965.
Complessivamente vengono incise quarantanove canzoni, il meglio della produzione del genere fino a quel momento.
Come rideva Napoli
Sia subito chiara una cosa: il calibro degli autori di queste canzoni è di altissimo livello. Nelle prime esperienze, anzi, ritroviamo i nomi quegli stessi poeti e musicisti che hanno contribuito a rendere celebre il più noto repertorio lirico.
È il caso di Pasquale Cinquegrana, autore di canzoni come Furturella e Ndirnghete e ndra. Murolo inserisce nella raccolta tre sue macchiette: Don Saverio (1896), ‘O Rusecatore (1896) e ‘A cura ‘e mammà (1900). Don Saverio, musicata dal maestro Vincenzo Valente, è la storia di un marito troppo fiducioso dell’onestà di sua moglie, la quale gode forse di troppa libertà per quei tempi. Il protagonista di ‘O Rusecatore è invece un classico pettegolo criticone (in napoletano ‘nciucisso) che non ha niente di meglio da fare di intrigarsi degli affari altrui; anche questa canzone è musicata dal maestro Valente. In ‘A cura ‘e mammà, musicata da De Gregorio, una giovane ragazza soffre di palpitazioni ed insonnia. Non è chiara l’origine della malattia, ma per la cura si pensa allo stesso rimedio che a suo tempo adottò la mamma: l’allusione è chiaramente ai piaceri del matrimonio.
‘E ragazze (1904) è un divertente quadro di come sono cambiati gli usi e i costumi rispetto a un non lontano passato, soprattutto per quanto riguarda corteggiamento uomo-donna. La canzone porta la firma di Aniello Califano, lo stesso che undici anni più tardi scriverà il testo de ‘O Surdato nnammurato. Per la musica troviamo invece una coppia di mostri sacri della canzone napoletana: Eduardo Di Capua e Salvatore Gambardella, rispettivamente compositori di ‘O sole mio e ‘O marinariello.
Quanno mammeta nun ce sta (1904) è invece una sorta di Io mammeta e tu “ante litteram”: uno scalpitante e voglioso fidanzato proprio non riesce a rimanere in intimità con la propria morosa. Anche in questo caso gli autori sono dei pezzi da novanta: il testo porta la firma nientemeno che di Giovanni Capurro, il poeta di ‘O Sole mio. La musica è ancora di Salvatore Gambardella.
C’è anche una canzone di satira politica: Il collettivista. Una presa in giro sul senso del collettività propagandato marxismo: se bisogna condividere tutto per il bene comune allora questo vale anche per le mogli ?! A scriverla sono Vincenzo e Nicola Valente, rispettivamente padre e figlio.
Ed a proposito di nomi illustri, tra gli autori delle macchiette selezionate da Murolo scopriamo anche il nome di Trilussa, il grande scrittore e poeta dialettale romano. La canzone si intitola Il balbuziente.
Merita poi un posto d’onore il cantautore napoletano Armando Gill, un vero specialista del genere canzone napoletana umoristica. Ben sette canzoni contenute nell’album sono sue. Su tutte la spassosissima E allora (1927) che narra dell’avventura avuta da intraprendente giovane napoletano con una bella turista milanese conosciuta in tram.
Nel disco c’è anche una canzone del nascente duo Pisano-Cioffi: Donna Amà (1930). Ritroveremo prepotentemente questi due artisti nel lavoro successivo di Murolo
Canzoni: Come rideva Napoli
- ‘A cura ‘e mammà
- Al mare
- Beatrice
- Buon appetito
- Don Saverio
- Donn’Amà
- E allora
- ‘E ragazze
- Genoveffa
- Il balbuziente
- Il cicerone
- Il collettivista
- La donna al volante
- Lui, lei e gli altri…
- Madama Chichierchia
- ‘O rusecatore
- O squitato
- Oh! Rafela, Rafela!…
- Quanno mammeta nun ce sta
- Sò sempe ‘o stesso
- Villeggiatura a Capri
- Vola e va
L’umorismo della canzone napoletana (Volume I)
Come già ho anticipato, l’opera si compone di due volumi. Il primo contiene canzoni umoristiche napoletane scritte tra il 1930 e il 1948 ed è praticamente tutto ad appannaggio del leggendario duo composto da Gigi Pisano e Raffaele Cioffi. Delle tredici canzoni contenute nel disco, infatti, solo una non appartiene al loro repertorio: Cruscritto Nnammurato, che è dello stesso Roberto Murolo.
Tra queste canzoni – tutte molto divertenti – spiccano la celebre Agata!, ovvero fino a che punto può ridursi un uomo per una donna, Mazza, Pezza e Pizzo, che narra della rocambolesca storia di tradimenti di una donna di facili costumi, e I due Gemelli, che spiega la metamorfosi di una donna da prima a dopo il matrimonio. Cavalli di battaglia del grande Nino Taranto, ma che ancora oggi vengono riproposte con successo da qualche cantante-cabarettista napoletano; su tutti Vittorio Marsiglia.
Meno conosciute, ma altrettanto spassose, sono canzoni come la raffinata Fravula Frà: il gioco di parole sulla celebre frase attribuita a Galileo Galilei “Eppur si muove” è in assoluto uno doppi sensi più geniali che abbia mai sentito. Maliziosissima è anche La nostra Amante con un testo pieno zeppo di doppi sensi; da ascoltare con molta attenzione.
Canzoni: L’umorismo della canzone napoletana (Volume I)
- La Nostra Amante
- Cuscritto Nnammurato
- Abbracciato Col Cuscino
- Ciucculatina Mia
- Tititì Tititì Tititì
- Mazza, Pezza e Pizzo
- L’ Hai Voluto Te
- Agata!
- Come Sono Nervoso
- I Due Gemelli
- Bon Bon
- M’ Aggia Curà
- Fravula Frà
L’umorismo della canzone napoletana (Volume II)
Il secondo volume contiene canzoni scritte tra il 1951 e il 1965. Tra queste ne troviamo ben tre di Roberto Murolo: Steso al sole, Pienzace Buono, Ciccillu Mio! e L’impiegato; queste ultime due con la musica di Salvatore Mazzocco. In Pienzace Buono, Ciccillu Mio! il protagonista rimpiange la sua condizione di scapolo, soprattutto in ragione degli inascoltati avvertimenti ricevuti da Mammà prima del grande passo.
Molto simile, restando i tema di matrimoni mal riusciti, è T’è piaciuta?, scritta da Capillo e musicata da Furio Rendine. Da questa canzone è venuta fuori una formula divenuta di uso comune a Napoli: “dopo i confetti so’ asciute ‘e difetti”.
Fanno parte di questo secondo volume anche altre due canzoni di Gigi Pisano (non più in coppia con Cioffi): ‘A sonnambula, musicata da Alfieri, e La Pansè, musicata di Furio Rendine.
E per finire, la ciliegina sulla torta con tre canzoni di Renato Carosone (musicate da Nisa): Tu vuo’ fa l’Americano, Torero e ‘O Suspiro più un altra canzone portata sempre al successo da Renato Carosone, ma scritta da Riccardo Pazzaglia e Domenico Modugno: la già citata Io Mammeta e tu.
Canzoni: L’umorismo della canzone napoletana (Volume II)
- Pienzace Buono, Ciccillu Mio!
- L’ Impiegato
- Embè Mberesè Mbè Mbè
- Pasquale Militare
- La Pansè
- Ho Comprato La Caccavella
- Io, Mammeta E Tu
- T’ E’ Piaciuta?
- ‘O Suspiro
- ‘A Sonnanbula
- Torero
- Tu Vuo’ Fa L’ Americano
- ‘O Portafoglio ‘E Pelle
- Steso Al Sole